DAGOGAMES BY FEDERICO ERCOLE - SU NETFLIX SONO ARRIVATI "RESIDENT EVIL INFINITE DARKNESS" E "MONSTER HUNTER LEGENDS OF THE GUILD", ANIMAZIONI IN COMPUTER GRAFICA ISPIRATE AI CELEBRI VIDEOGAME DI CAPCOM - SONO OPERE RIUSCITE NEL RESTITUIRE IL VALORE VISIONARIO, PERDUTO NELLE BRUTTURE “LIVE-ACTION” VISTE AL CINEMA DI QUESTE DUE SAGHE MOSTRUOSE, MA CHE CI RICORDANO TUTTAVIA DOLOROSAMENTE LA DIFFERENZA INCOLMABILE TRA GIOCO E FILM… - VIDEO

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Federico Ercole per Dagospia

 

Il nemmeno troppo fecondo rapporto tra un cinema, sempre più ibridato con la televisione, e i videogame ha dato vita a numerosi abomini capaci di ferire la sensibilità critica ed estetica sia dei cinefili che dei giocatori. Inoltre capita che quando un film videoludico merita considerazione venga invece frainteso o dai fanatici dei giochi spesso a digiuno di una qualsiasi cultura del cinema o dai quei critici cinematografici che non sanno decodificare le lingue dell’intrattenimento elettronico, travisandolo. 

 

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Tuttavia la fatale affinità elettiva tra cinema e videogame ha prodotto anche rare opere degne di nota, soprattutto Final Fantasy Advent Children di Tetsuya Nomura, Silent Hill scritto (ma purtroppo non è sua la regia) da Roger Avary, la serie Dad of Light e lo Warcraft di Duncan Jones. 

 

C’è poi lo strano caso di Capcom, la sua doppia esistenza tra più che validi lungometraggi in “computer graphic” e costosi film in “live action” quasi sempre inclassificabili per sciatteria. È il caso degli innumerevoli film su Resident Evil usciti al cinema, assai e ingiustamente più noti di una tetralogia in CG invece ispirata, giocosa e affascinante o del comico (ma non in maniera volontaria) e orripilante (ma non per mostri) Monster Hunter con Milla Jovovich. 

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Quest’estate Netflix in un’estate “capcomiana” ha lanciato Resident Evil Infinite Darkness, nuova miniserie animata componente un lungometraggio di due ore, e Monster Hunter Legend of the Guild, cose visionarie che riescono, malgrado lontane dall’eccellenza, a ripristinare il valore perduto, dissolto da un cinema brutto e insensibile all’opera trattata, di questi videogiochi. 

 

RESIDENT EVIL INFINITE DARKNESS

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Comincia con una sporca guerra in un immaginario paese medio-orientale, dove un manipolo di soldati americani trasformati in armi biologiche invece di morire diventa un’orda infettiva di super-zombi, compiendo così una strage indiscriminata dei locali. Il fatto viene occultato dal governo americano ma qualche anno dopo verrà rivelato e approfondito in un crescendo avventuroso, tragico e spettacolare da Leon Kennedy e Claire Redfield, volti digitali già protagonisti di innumerevoli episodi della saga videoludica. 

 

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Con un vago ma comunque non trascurabile impegno politico e sociale, con colpi di scena, una regia funzionale con qualche raro virtuosismo, suspense  e momenti horror di squisito ribrezzo, Resident Evil Infinite Darkness trascorre illudendoci che duri meno del suo tempo effettivo, assorbendoci nella sua narrazione/visione, negandoci ovviamente il gioco, frustrando il desiderio di partecipare all’azione che sorge spontaneo, ma nel contempo deliziando l’appassionato con i continui rimandi alla serie di videogame alla quale si riferisce con rispetto e coerenza.

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Così come gli altri film in computer graphic tratti da questa saga dell’orrore mutante, militare e farmaceutico anche Infinite Darkness ribadisce con dolorosa gravità la differenza fondamentale tra cinema e gioco proprio perché imita in maniera eccellente la superficie del videogame: la passività contro l’interazione, ricordandoci che gli unici che “giocano” davvero con il cinema sono coloro che lo fanno.

 

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Peccato per una colonna sonora ingombrante, soprattutto durante le riuscite scene di guerriglia, e per un finale troppo sintetico. Tuttavia ci sono due momenti straordinari: la Casa Bianca che diventa una “classica” magione infestata nella tradizione della saga e l’invasione di ratti mutanti all’interno di un sommergibile.

 

 
 

 

 

MONSTER HUNTER LEGENDS OF THE GUILD

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È probabile che questo mediometraggio animato, poiché non dura neanche un’ora, possa essere amato malgrado il suo valore bestiale solo da chi gioca o abbia giocato alla serie venatoria di Capcom per la sovrabbondanza di citazioni e riferimenti che per gli ignari risultano incomprensibili, noiosi, inutili invece che gratificanti. 

 

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Questo Monster Hunter su Netflix non è certo un capolavoro, ma risulta comunque toccante in una maniera inaspettata, senza alcuna dubbio mostruosamente lirico nel restituire anche se in maniera parziale la potenza naturalistica del bestiario favoloso della serie. 

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Malgrado la narrazione nei videogame di Monster Hunter non sia fondamentale e la storia si edifichi soprattutto tramite le esperienze soggettive dei giocatori e l’osservazione/studio/caccia delle creature, in Legends of the Guilds gli sceneggiatori hanno tentato di raccontare una sorta di romanzo di formazione, l’educazione di un giovane cacciatore alla magnificenza, crudeltà e indifferenza della natura, riuscendoci, realizziamo solo alla fine.

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Meravigliose le apparizioni dei mostri, non molti, ma dipinti con efficacia: lo scimmiesco Congalala, lo pseudo-tirannosauro e brutale Deviljho, il solenne drago anziano Lunastra immane leonessa fiammante. 

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Sarebbe bello che questo episodio preludiasse una serie di film animati, ma sarebbe ancora più bello un lungometraggio pensato nella forma di un fanta-documentario, senza esseri umani, solo con i mostri.

 

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