VOTA “GIORGIA”? DOPO IL SÌ DEL VIMINALE, GLI AVVERSARI PENSANO A OMONIMI DI DISTURBO - I PRECEDENTI TRUCCHI DEI GIUSEPPE BAUDO, “DETTO PIPPO”, LA TOTÒ CUFFARO DONNA E DINO GIARRUSSO, DETTO “IENA”, CHE ALLE EUROPEE SCORSE, PRESE OLTRE 100 MILA PREFERENZE NEI CINQUE STELLE. TRA I VOTI VALIDI ANCHE “IENA”, PERCHÉ EX DEL PROGRAMMA MEDIASET – E VANNACCI CI PROVA: “CHI VOTA PER ME, SCRIVA GENERALE”. CHISSÀ SE IL MINISTERO DELLA DIFESA NON AVRÀ DA RIDIRE SU UNA MOSSA DEL GENERE...

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Emanuele Lauria per "la Repubblica" - Estratti

 

giorgia meloni giorgia meloni

Il Viminale ha prontamente detto sì: «Detta Giorgia» si può fare. Secondo quanto fa filtrare il ministero dell’Interno non c’è nessun ostacolo tecnico-giuridico alla possibilità che gli elettori votino la premier scrivendo solo — come da lei chiesto — il nome di battesimo.

 

La scommessa della “preferenza confidenziale” da parte della leader di FdI può proseguire, seppur con la perplessità di alcuni giuristi e il consistente rischio di ricorsi.

 

La premier, di certo, rilancia in pompa magna la stagione degli escamotage in cabina elettorale, un vecchio canovaccio dei partiti, specie nelle elezioni locali.

 

Non è che altri leader, in passato, non abbiano fatto ricorso al «detto» sulla scheda elettorale: accadde a Bettino Craxi e Marco Pannella, ad esempio, ma loro avevano all’anagrafe nomi diversi da quelli con cui erano conosciuti, rispettivamente Benedetto e Giacinto. Oppure ci sono i casi dei Giuseppe detto “Beppe”, come nel caso del sindaco di Milano, Sala.

scrivete giorgia sulla scheda elettorale - vignetta by vukic scrivete giorgia sulla scheda elettorale - vignetta by vukic

 

Ma era, quella, un’esigenza di chiarezza. Tanti altri esempi portano dritto ai trucchi più disparati per catturare qualche preferenza in più. Persino gli ex profeti della nuova politica ne facevano ricorso: alle elezioni palermitane del 2012 il candidato sindaco dei 5S, Riccardo Nuti, si presentò formalmente agli elettori con il soprannome di “Grillo”.

 

Memorabile, l’anno scorso, la guerra dei Soru, con Renato in corsa per il posto di governatore della Sardegna che concede l’uso farlocco del proprio cognome a una sua candidata al consiglio regionale, tale Anita Sirigu, scatenando l’ira della figlia Camilla che era in pista nella lista rivale del Pd.

 

MANIFESTI ELETTORALI DI GIORGIA MELONI MANIFESTI ELETTORALI DI GIORGIA MELONI

Quante battaglie attorno alla cabina elettorale. Specialmente al Sud. Storie di inganni che strappano un sorriso: dal Giuseppe Baudo che, a Catania, fece ovviamente aggiungere un «detto Pippo» sulla scheda, all’Alberto Campagna che a Palermo, in cerca dei fans di un altro presentatore, scomparso, si rifugiò in un sorprendente «detto Castagna ».

 

Fino all’inarrivabile caso di Ester Cuffaro, candidata alle Regionali del 2016 che in barba a qualsiasi distinzione di genere, si presentò con un “detta Totò”, peché non si disperdessero i voti dell’allora popolarissimo governatore. «Ma Totò è il nomignolo con cui mi chiama mio figlio», si difese l’impavida.

 

Calcoli elettorali di una politica di periferia. Oggi il “detto”, anzi il “detta” diventa l’arma spicciola di una presidente del Consiglio pronta all’upgrade da settimana enigmistica: usare il proprio nome come soprannome.

 

I TRUCCHI

Tommaso Labate per roma.corriere.it - Estratti

 

marco pannella marco pannella

(…)

Poi sono arrivati i trucchetti, per estendere alle nuove leve le preferenze delle vecchie glorie, per sottrarre voti agli avversari, per favorire le liste civetta. Nella prima ipotesi figurano i sicilianissimi casi di Cuffaro Ester detta «Totò» (come l’omonimo ex governatore), di Caputo Mario detto «Salvino» (come il fratello parlamentare), di Figuccia Sabrina detta «Angelo» (anche qui come il padre) che però, essendo a sua volta «detto Vincenzo», rese la figlia candidata nelle liste di Forza Italia alle Comunali palermitane del 2017 «detta Angelo detto Vincenzo».

 

 

Nei primissimi anni Duemila, inaugurati con gli scudetti vinti dalla Lazio e dalla Roma, in ogni tornata elettorale della Capitale i nomi dei calciatori più in voga finivano a loro insaputa nelle liste elettorali. Celebre il caso della lista Forza Roma, che alle Regionali del 2005 contribuì con i suoi 10 mila voti (altri 3.200 arrivarono dalla lista Avanti Lazio) alla vittoria di misura del candidato del centrosinistra Piero Marrazzo sul rivale Francesco Storace. Nella lista figuravano: Marchioni Giovanni detto «Totti» (268 preferenze), Montella Guerino detto «Aeroplanino» (269), Cassano Stefano Ciro detto «Peter Pan» (104) e Mancini Gianfranco detto «Amantino» (20), proprio come il brasiliano che un anno e mezzo prima aveva deciso un derby con un clamoroso gol di tacco.

dino giarrusso foto di bacco (2) dino giarrusso foto di bacco (2)

 

Di voti, alle Europee scorse, ne prese oltre 100 mila Dino Giarrusso, a oggi il recordman assoluto di preferenze nei Cinque Stelle. Tra i voti validi anche «Iena», visto che sulla lista era «detto Iena», perché ex del programma Mediaset. A Cologno non avevano gradito; anzi, lo avevano invitato a rimettere la divisa nell’armadio e a non usare il nome del programma. Inutilmente.

 

 

 

 

VANNACCI, COMIZIO SENZA LEGHISTI “CHI VOTA PER ME SCRIVA GENERALE”

Ernesto Ferrara per "la Repubblica" - Estratti

 

«Mi dipingono come Satana e aumentano le vendite del mio libro. E se continuano prenderò caterve di voti», gongola Roberto Vannacci da Lucca. Il suo stratega sul campo e amicone Massimiliano Simoni, che è di Fratelli d’Italia, fissa già l’asticella: «Tra 500 e 800 mila preferenze in tutta Italia. Io penso intorno a 70 mila nel collegio Centro».

 

DINO GIARRUSSO - INTERVENTO AL PARLAMENTO EUROPEO SUI MIGRANTI DINO GIARRUSSO - INTERVENTO AL PARLAMENTO EUROPEO SUI MIGRANTI

Non si direbbe, a giudicare dai nemmeno 60 presenti all’antica Casa del boia, residenza del delegato di Stato all’esecuzione delle pene di morte fino all’abolizione a metà dell’800, dove il generale arriva per presentare il suo libro “Il coraggio vince”. Non si vede un dirigente leghista toscano, segno che tanta simpatia non la riscuote nemmeno nella sua terra, però in platea spunta l’ex soubrette Silvye Lubamba. Il generale racconta la sua vita, la gioventù parigina, il sogno di far l’incursore. «Cos’è che vi identifica come cittadini europei? », chiede alla platea. E tutti in coro: «Nulla».

 

Le polemiche lo inseguono, anche il presidente del Senato La Russa insiste: «Ha diritto a candidarsi ma alcune cose che dice non mi piacciono».

roberto vannacci prende in giro il pd roberto vannacci prende in giro il pd

«Io non lo temo. E se i miei elettori non mi daranno più voti di lui prometto di tingermi i capelli di rosso a pois verde», lo sfida l’europarlamentare leghista Angelo Ciocca.

 

 

Ma Vannacci sulle Europee è concentrato davvero. E spavaldo come al solito rilancia. Se per votare Meloni basterà scrivere “Giorgia”, a lui non dispiacerebbe che si potesse mettere sulla scheda il soprannome “Generale”. «Perché no, ci sto pensando. Del resto quello dei Cinque stelle la volta scorsa fece scrivere “Iena” (era Dino Giarrusso, ndr)». Chissà se si potrà fare, se la Difesa non avrà da ridire su una mossa del genere. Ma il militare potrebbe ufficializzarla anche oggi al Tempio di Adriano a Roma per la presentazione di “Controvento”, la biografia di Matteo Salvini. Il Capitano lo difende, lo blinda: «Se si può candidare una carcerata come Salis si può candidare un generale». Ma le polemiche con FdI montano. Perchè il Carroccio fiorentino adesso vuole candidare il generale pure in Consiglio comunale per tirare la lista con le preferenze.

 

 

VOTA GIORGIA VOTA GIORGIA

 

ROBERTO VANNACCI - ILLUSTRAZIONE DI FRANCESCO FEDERIGHI PER IL FATTO QUOTIDIANO ROBERTO VANNACCI - ILLUSTRAZIONE DI FRANCESCO FEDERIGHI PER IL FATTO QUOTIDIANO ENZO VANNACCI - VENGO ANCH IO - MEME BY EMILIANO CARLI ENZO VANNACCI - VENGO ANCH IO - MEME BY EMILIANO CARLI

 

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